IL LIBRO DELLA TECNICA DEL PIANOFORTE
EDIZIONE COMPLETA

PER LA PRIMA VOLTA A DISPOSIZIONE DEL PIANISTA TUTTE LE COMBINAZIONI DELLE DITA
E TUTTI I GENERI DELLA TECNICA IN FORMA DI ESERCIZI SINTETICI ED ESAUSTIVI

Finalmente in versione definitiva, solo su prenotazione, è disponibile l’innovativo metodo per pianoforte e strumenti a tastiera realizzato da Sandro Baldi . Il metodo nasce dall’esigenza di colmare alcune lacune ancora presenti nei libri di tecnica pianistica, per semplificare e razionalizzare la materia, sia per i principianti che per i pianisti già formati.

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PREFAZIONE DI BRUNO CANINO

Questo “Libro della tecnica del pianoforte” di Sandro Baldi, costituisce una vera e propria enciclopedia delle azioni pianistiche: non manca proprio nulla, dal “tocco di dito dal tasto” al glissando, da scale e arpeggi al trillo, alle combinazioni polifoniche, ecc, ecc, ecc..

Come è impossibile conoscere e possedere tutte le voci di un’enciclopedia, così in questo libro, congegnato con anni di appassionato e intelligente lavoro, bisognerà che il didatta ne dipani, isoli, e alterni i fili conduttori e li fornisca all’allievo (e magari a se stesso) secondo le necessità, i difetti e i pregi del soggetto. Opportuno farsi una mappa, anche oraria, non ossessiva, degli esercizi da praticare. La quantità di tempo da dedicarsi non deve fagocitare il tempo rivolto ad altro lavoro musicale; e, perché no? non deve, necessariamente costituire l’inizio della giornata di studio: meglio alternarlo e desumerlo dalle opere che si stanno studiando.

Un grande valore di questo testo sta nel rimando a concrete soluzioni musicali e alla stessa storia e tradizione dell’esecuzione, con un apparato bibliografico di grandissima compiutezza.
Infatti il lavoro sulla tecnica non deve essere certamente una punizione e neppure un feticcio a sé stante: non deve provocare un inaridimento dell’espressione, né un arrocco su totem ancestrali: troppo spesso si verificano due effetti collaterali contrari ed ugualmente dannosi: schizofrenia fra l’ingegneria digitale e la cosiddetta “arte” oppure incrostazione di rigidezze muscolari e mentali, che vanno contro il fine che un sensato lavoro si propone.

Troppi allievi (e anche pianisti fatti) eseguono complicati esercizi (le temute note tenute, delicatissime da gestire), e in una semplice frase melodica, di Mozart, Chopin, Grieg, si bloccano irrimediabilmente.

In questa sua ecumenica esposizione del materiale, dei gesti, degli esercizi, Baldi non si dimostra poi agnostico: certe sue scelte (note sostenute, aderenza flessoriale, polso flessibile) coincidono con ciò che io personalmente ritengo giusto.

Il lavoro tecnico va svolto con relax, ma con serena impazienza per raggiungere i migliori risultati. Ahimè nel pianoforte, se non si migliora, sia pur con millimetrico progresso, si peggiora.

Allora, buono studio!

Bruno Canino

 

INTRODUZIONE DI SANDRO BALDI

Questo metodo completo di tecnica pianistica è il frutto di un lavoro durato sette anni, il cui primo germoglio vide la luce nell’ormai lontano 2011. Più in generale esso va considerato come il prodotto di molti anni di insegnamento, e come tale si rivolge a tutti coloro che vogliono imparare a suonare bene il pianoforte, vale a dire con proprietà e sicurezza. Esso serve non solo per impostare in modo corretto il principiante, ma anche per fornire un utile supporto al pianista già avanti negli studi e al professionista; ma soprattutto si rivolge ai giovani (meglio se seguiti da bravi insegnanti), perché ciò che si apprende in gioventù avrà un’azione durevole negli anni successivi e nell’età adulta. La convinzione di aver raggiunto un sufficiente grado di comprensione dei problemi legati all’esecuzione pianistica e un’efficace soluzione degli stessi mi ha risolto a pubblicare queste pagine, che, come il lettore può ben vedere, si propongono nella forma di esercizi di pronto uso e, voglio sperare, di immediata utilità.

Guidato dai principi razionali della tecnica, il pianista troverà qui, insomma, tutto ciò che gli serve per suonare correttamente, e con economia di mezzi e di tempo. Gli esercizi, infatti, disposti in ordine progressivo, lo aiuteranno ad ottenere una completa padronanza della tastiera – nel controllo della velocità come nella gradazione dell’intensità – senza inutili dispersioni. A tal proposito ho cercato di limitare il numero delle figurazioni meccaniche, ritenendo importante soprattutto la loro metodica ripetizione a velocità crescente.

La tecnica pianistica si trova qui suddivisa nei cinque generi fondamentali (combinazioni di moduli, scale, arpeggi, raggruppamenti simultanei – ottave e altre doppie note e accordi – e tecnica varia comprendente anche i diversi tipi di tocco) in modo razionale e completo. Tengo a sottolineare che per la prima volta si mettono a disposizione tutte le possibili combinazioni delle dita, a due a due, a tre a tre (per quelle superiori a tre ci affideremo al buon vecchio Hanon) e in doppie note con una completezza quale finora non si era mai raggiunta. In particolare desidero sottolineare l’importanza delle combinazioni a tre a tre, utili per migliorare il meccanismo muscolare e la coordinazione: troppo spesso, infatti, le dita rimangono legate e diventano un impedimento per potersi esprimere con piena libertà.

Una parola particolare spetta poi ai diversi tipi di tocco, esposti in un quadro sintetico ed esaustivo. Quasi nessun pianista è cosciente delle tante risorse offerte dal tocco, e quale particolare tocco serva a quel determinato passaggio per dargli più vita e più coerenza musicale: è una lacuna che svilisce l’esecuzione ma che può essere facilmente colmata attraverso un appropriato esercizio tecnico, preludio al successivo approccio estetico.

Aggiungo che il metodo è arricchito con riferimenti ai più validi trattati per il pianoforte (Sandor, Neuhaus, Casella, Cortot, Mugellini, Scaramuzza, Montanari, Mozzati, Czerny, Pischna, Hanon, Leimer-Gieseking, Liszt, Brugnoli, Longo, ecc.), riportati anche nell’ampia bibliografia che chiude il volume. Accurate appendici supporteranno inoltre il pianista in tutti quegli aspetti (metodo di studio, pedalizzazione, memorizzazione, diteggiatura, abbellimenti, capacità di riconoscere gli intervalli melodici, ecc.) che non solo sono importanti nel suo quotidiano lavoro alla tastiera, ma che serviranno alla sua più ampia formazione musicale. Un’ultima parola va ai 18 moduli di tecnica, quadri riassuntivi suggeriti anch’essi dall’esperienza quotidiana che intendono offrire al lettore pratici suggerimenti di lavoro, utilissimi ‘pacchetti’ di mezz’ora che, in un’accorta combinazione dei generi della tecnica, si richiamano al sempre valido e salutare motto latino divide et impera!

Un ringraziamento particolare ad Andrea Parisini che, attraverso la discussione e un costante confronto, ha collaborato attivamente e con passione alla stesura dei testi.

Sandro Baldi

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Sandro Baldi
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L’opera è depositata presso la SIAE, sezione opere inedite.
Copyright 2017 – ISBN 979-12-200-2659-8

Indice Completo

I Generi della tecnica

PRIMO GENERE

  • Le combinazioni con le cinque dita
  • Le 5 combinazioni con un dito alla volta
  • Le 10 combinazioni con due dita alla volta
  • Le 12 posizioni delle cinque dita con gli accordi
  • I diversi tipi di tocco di dito
  • Esercizio cromatico per l’indipendenza del 3°, 4° e 5° dito
  • Le 50 combinazioni con tre dita alla volta

SECONDO GENERE

  • Le scale
  • Scale maggiori e minori
  • Scala cromatica e scala esatonale
  • Modi di studio delle scale
  • Scala per moto retto, per terza, per sesta e per moto contrario
  • Scala in velocità e con le varianti ritmiche
  • Scale in doppie terze
  • Scale in doppie seste

TERZO GENERE

  • Gli arpeggi
  • Arpeggi maggiori e minori
  • Arpeggi di settima di dominante e di settima diminuita

Appendici

  • I) Rivolti delle triadi maggiori, minori, diminuite ed eccedenti
  • II) Altri tipi di tocco
  • III) Schemi ritmici
  • IV) Schema degli intervalli melodici

Parte II

QUARTO GENERE

  • Note doppie
  • Le ottave – esercizio preparatorio
  • Le ottave legate sulla scala cromatica
  • Le ottave sulle scale diatoniche
  • Le ottave sulle settime diminuite
  • Le ottave sugli accordi maggiori e minori
  • Le doppie terze sugli accordi minori e maggiori
  • Le 10 combinazioni in doppie note (due dita alla volta)
  • Le 15 combinazioni in doppie note (quattro dita alla volta)
  • La scala cromatica sulle doppie terze e doppie seste minori

QUINTO GENERE

  • Tecnica varia
  • Ribattuti
  • Glissandi
  • Salti
  • Incroci
  • Sostituzione di un dito
  • Polifonia
  • Poliritmia
  • Estensioni
  • Pedalizzazione

Appendici

  • I) Metodo di studio
  • II) Diteggiatura
  • III) Memorizzazione
  • IV) Abbellimenti (in J. S. Bach e D. Scarlatti)
  • V) Moduli di tecnica in forma di esercizi riassuntivi

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ESTRATTO: IL SECONDO GENERE DELLA TECNICA: LE SCALE

… giunti a questo punto, possiamo considerare le scale come il naturale compimento di un percorso che, attraverso gli esercizi di elasticità e di coordinazione delle dita, mira a costruire la tecnica pianistica su basi razionali e complete.

Vi sono ovviamente molti modi di eseguire le scale, che dipendono non solo dalla velocità ma anche dal tipo di tocco e dai movimenti della mano. Nei primi due casi si tratta di elementi collegati, nel senso che a movimenti delle dita molto articolati corrisponderà, il più delle volte, una velocità limitata, e viceversa; nel caso invece dei movimenti della mano si osserva una diversità di vedute che oppone fra loro scuole diverse.

Il punto critico è soprattutto rappresentato dal movimento del pollice (il passaggio del pollice è uno dei movimenti essenziali nell’esecuzione di una scala), dito che alcuni suggeriscono di articolare in senso verticale e di mantenere “affiancato alla mano” (Sandor, pp. 99 e 104), con il polso lievemente alzato (e poi abbassato di nuovo quando si usa il pollice) e il gomito un po’ scostato dal corpo. Altri invece considerano il pollice dotato di una maggiore indipendenza e suggeriscono di muoverlo anche in senso orizzontale: articolando il dito sotto il palmo, si eserciterebbe la mano a una maggiore elasticità e si otterrebbe un vantaggio nella velocità di esecuzione. In estrema sintesi, in un caso la mano descriverebbe, nell’eseguire la scala, una sorta di armonico ondeggiamento, nell’altro essa manterrebbe una compostezza e un andamento più rettilineo e uniforme.

Per rifarci a didatti che in tempi abbastanza recenti hanno lasciato un’impronta profonda nel campo del pianoforte, si può dire che Gyorgy Sandor esprima la prima posizione, cioè con un aggiustamento laterale della mano e il pollice articolato in verticale (pp. 104-105), movimento adatto a un’esecuzione ben legata e non troppo veloce; mentre Heinrich Neuhaus, il maestro di Richter e Gilels, la seconda. Per quest’ultimo il pollice va preparato sotto il palmo immediatamente dopo aver suonato il secondo dito “come si trattasse di un’acciaccatura” (p. 168): appaiono evidenti le affinità con Alfred Cortot, che ci offre un esempio chiarissimo dell’anticipazione del pollice sulla nota che esso dovrà suonare (p. 31), e più alla lontana con Franz Liszt ( quaderno II, esercizi n. 10 e n. 11, p. 68). Per la flessibilità del pollice sotto il palmo della mano sia Cortot (esercizio n. 1, p. 30) che Hanon (esercizio n. 37, p. 52) offrono utili esempi.

Da parte nostra riteniamo che il robusto muscolo del pollice, messo sotto sforzo ma non stressato, offra il giusto supporto per il lavoro richiesto a questo importante dito della mano: un adeguato esercizio del pollice mette cioè la mano nella condizione di eseguire con la massima sicurezza le molteplici e spesso scomode figurazioni che la letteratura pianistica ci mette ogni giorno davanti.

Aggiungiamo alcuni consigli di ordine più generale per evitare irrigidimenti superflui e per dare scioltezza, compostezza e velocità alla mano. Intanto, per una sicura “presa del tasto”, si consiglia al giovane allievo di usare il tocco poco legato, detto anche “jeu perlé”, senza alzare le dita (p. 12), oppure quello articolato, con tutte le dita curve e già in alto (p. 13). In quest’ultimo caso è bene articolare le dita da una altezza massima di circa un centimetro e tenere la mano raccolta e composta.

Affinché la padronanza delle dita si sviluppi in maniera omogenea e bilanciata, facciamo nostro il suggerimento di Liszt di fermarsi sulla nota fondamentale dopo la prima ottava, così da controllare da un saldo punto di appoggio la giusta applicazione della diteggiatura e la coordinazione fra le mani.

Non andrà tuttavia trascurato il lavoro preliminare a mani separate. Nella mano destra che sale (o sinistra che scende), per facilitare il passaggio del pollice le nocche dovranno essere ben arcuate (come se si tenesse in mano una piccola arancia) e rimanere un po’ più alte del polso, che comunque dovrà essere un po’ rialzato per consentire un fluido passaggio del pollice, mentre il gomito lievemente allargato faciliterà il controllo del rilassamento e l’agilità dei movimenti. L’articolazione del pollice potrà coinvolgere anche la falange ungueale e non dovrà mai essere eccessiva, proprio per evitare l’irrigidimento che potrebbe venire dalla scomoda posizione. Come ha recentemente documentato Tiziano Poli, gli errori più frequenti che si compiono per facilitare il passaggio del pollice sono quelli di ruotare il polso verso l’alto (supinazione) al momento di suonare con il terzo o il quarto dito (p. 66, dvd esempio n. 65) e, prima ancora, di accompagnare la discesa del pollice con l’aiuto del polso (uso non autonomo del pollice, pp. 33, dvd esempio n. 23). Occorre invece articolare sempre le dita intermedie in modo perpendicolare al tasto, come si fa anche negli esercizi di caduta del braccio (pp. 67-69 di questo metodo). Se si facesse il contrario si perderebbe l’appoggio e in velocità verrebbe quindi a mancare l’affondo e la forza, e a lungo andare anche il necessario rilassamento.

Nella mano destra che scende (o sinistra che sale) l’errore da evitare nel passaggio del pollice è invece quello di ruotare troppo il polso verso l’interno: bisogna invece allungare il dito che scavalca mantenendo la mano tendenzialmente in asse con l’avambraccio, con le nocche parallele al piano orizzontale. L’avambraccio, poi, dovrà tenersi pressoché immobile, utilizzato soltanto per lo stretto necessario che serve per spostarsi nelle diverse zone della tastiera.

Per completezza, è stato aggiunto anche un esempio di scala (re maggiore) per moto retto, per terza, per sesta e per moto contrario. Queste modalità sono utili per la coordinazione delle mani e si trovano in letteratura, ad esempio, nel finale della Ballata n. 1 op. 23 di Chopin e all’inizio dello Studio da Paganini n. 1 di Liszt.

Fanno seguito la scala cromatica e la scala esatonale molto usate nella musica classica. Chi volesse approfondire la conoscenza delle scale usate nella musica jazz può fare riferimento al testo di Giorgio Gaslini Tecnica e arte del jazz (pp. 61-63).

Alla fine del capitolo sono state inserite le scale in doppie terze e in doppie seste per coerenza di argomento, anche se le doppie note appartengono al quarto genere della tecnica. Ai principianti consigliamo dunque di affrontarle più avanti negli studi.

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